Il progetto d’intervento conservativo messo in atto per il recupero del grande ciclo della “Leggenda della Vera Croce” di Piero della Francesca ad Arezzo è tra quelli più accurati realizzati negli ultimi decenni.
Essa è in parte il frutto di una campagna diagnostica eccezionalmente ricca e approfondita che nell’arco di cinque anni ha passato al filtro della verifica ogni aspetto fisico-materico della grande opera attraverso analisi, misurazioni, interpretazioni dei dati, elaborazioni di mappe tematiche sia delle tecniche pittoriche impiegate dall’artista sia dei processi e prodotti di degrado.
L’aspetto probabilmente più cruciale emerso da questi studi diagnostici è stata la grande polimatericità della Leggenda della Vera Croce, una caratteristica espressamente voluta dall’artista che ha impiegato tecniche pittoriche diametralmente diverse in un medesimo contesto; polimatericità dovuta ai numerosi restauri del passato e ai tanti contaminanti che deturpavano le superfici dipinte e ne minavano dall’interno l’integrità.
L’artista aveva dipinto impiegando, in parallelo, sia il procedimento classico a buon fresco, sia la tecnica della pittura su tavola tipica di quel periodo. Da una campitura cromatica a quella contigua capita, infatti, che vengano variati leganti, pigmenti, spessori pittorici, sequenze di stesure. Ma le patologie che affliggevano le superfici dipinte erano purtroppo le stesse, al di là delle tecniche di esecuzione.
Di conseguenza è facile comprendere quali difficoltà si presentassero nell’individuare una comune linea di intervento per risanare sottili strati di materia tanto diversi tra loro. Eppure una terapia doveva essere trovata: soprattutto, si dovevano fare scelte di base unitarie cercando di calibrare poi, area per area, i parametri dell’intervento (tempi, concentrazioni, modalità di applicazione).
Al di là degli effetti delle masse d’acqua dovute alle pesanti iniezioni di cemento nelle murature messe in atto all’inizio del ‘900, al di là dei fissativi applicati nei precedenti interventi che ostacolavano non poco le operazioni, il nodo cruciale da risolvere era quello ricorrente nei dipinti murali antichi, dovuto agli effetti della solfatazione da gesso.
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Indice dell’articolo:
Premessa:
– Quindici anni di studi e ricerche
Contributi:
– Risultati di un restauro
– Un esempio da seguire
Un capolavoro salvato e recuperato nei suoi fondamentai valori di luce e colore
– Una situazione grave e complessa
– Il programma di indagini
– Le operazioni di restauro
Aspetti scientifici, tecnici e metodologici del restauro
– La polimatericità
– La solfatazione da gesso
– Il metodo del bario
– Preconsolidamento
– Pulitura desolfatante
– La pulitura del cielo
– Applicazione del bario idrato
– Il consolidamento dei distacchi
Di: Anna Maria Maetzke, Mauro Matteini, Sabino Giovannoni, Silvano Lazzeri
con i contributi di Giorgio Bonsanti e Cristina Acidini
Estratto da Kermes 41 (Gennaio-Marzo 2001) – pagine 19-42
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