La grande croce processionale oggi conservata nel Museo della Cattedrale di Atri (Teramo) può considerarsi uno degli esempi più interessanti e rappresentativi della produzione orafa abruzzese tardomedievale.
L’attività degli orafi abruzzesi e la vastissima mole di manufatti conservati (reliquiari, croci processionali, ostensori, pissidi, pastorali), sebbene da più di un secolo sia oggetto di studio. La croce processionale di Atri è un esempio dell’alta qualità tecnica della più tarda produzione orafa d’Abruzzo e di quanto questa sia ancora poco studiata e analizzata ignorando opere di altissima qualità.
La grande croce, la cui altezza globale raggiunge i 148 cm è costituita da una struttura in legno di noce realizzata da due elementi, uno verticale e un orizzontale, assemblati con tre grossi viti di fattura moderna, tutte le superfici sono rivestite di lamine polilobate in argento e argento dorato, inchiodate al supporto ligneo lungo i margini. Il manufatto termina in basso con un grande nodo a forma di bocciolo e un asta, entrambi in rame dorato.
La croce presentava un pessimo stato di conservazione, in quanto sia la struttura materica sia le superfici accusavano processi di degrado molto accentuati. Le varie parti che la compongono erano malamente e precariamente assemblate come evidenziato dai numerosi fori di chiodo non utilizzati. Le lamine, non particolarmente spesse e quindi estremamente fragili, presentavano lungo i bordi e i profili aggettanti numerose cricche, lesioni e piccole lacune nonché la presenza di deformazioni dovute ad azioni traumatiche. Molti aggetti erano particolarmente deformati, in particolare il ginocchio e la mano di Marco, ma soprattutto il volto di Giovanni dolente. La testa di Luca era stata riassemblata con una grossolana saldatura a stagno.
Le superfici erano completamente ricoperte di da prodotti di trasformazione del metallo quali solfuro d’argento con coloritura bruno-nerastra, tendenti in più punti al blu; la fascia che ricopre il profilo presentava una trasformazione più accentuata, provocata dalla maggiore presenza di rame in lega, con processi di corrosione attiva dal tipico aspetto a “pitting” di colorazione verde chiaro. Su tutto insisteva uno spesso strato di polveri grasse e cera, sia come residuo di candele, sia utilizzata come protettivo superficiale.
A seguito dello smontaggio sono apparse, nelle zone di sovrapposizione delle lamine, spesse e tenaci incrostazioni di colorazione biancastra e aspetto polveroso, residui di prodotti chimici commerciali utilizzati per la lucidatura di metalli. […]
Indice:
Introduzione
Descrizione e stato di conservazione
Le indagini conoscitive
L’intervento di restauro
Note
Abstract
Di Tuccio Sante Guido, Giuseppe Mantella
Estratto da Kermes 51 (Luglio-Settembre 2003) – pagine 17-26 + abstract
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