Il cosiddetto Cinerario Paolozzi, custodito nel Museo Archeologico Nazionale di Chiusi (Siena) con il numero di inventario 63092 è un’urna funeraria fittile che Giovanni Paolozzi, maggiorente della città e dal 1883 presidente della locale Commissione Archeologica, rinvenne nel 1873 in una tomba della necropoli di Dolciano.
L’operazione di restauro del 2000 si è dimostrata proficua in quanto ha permesso di riguadagnare gran parte dell’aspetto originario dell’oggetto, eliminando le incomprensioni, le imprecisioni e in qualche caso le vere e proprie falsificazioni delle precedenti ricostruzioni, e l’individuazione di quanto non pertinente al cinerario ma inserito ugualmente nella struttura, probabilmente nel corso del restauro post-bellico (tradito da una schedina del concorso SISAL datata 2.1.1949 e inglobata nel gesso) ed abilmente camuffato. Oltre a permettere di scoprire nuovi elementi sulla tecnica costruttiva e sull’apparato ornamentale, come la decorazione floreale dipinta in nero sul corpo del vaso, anche se oggi appena visibile, oppure la bordura di laminette scintillanti all’interno dei becchi spalancati dei grifoni, o le decorazioni impresse all’interno della quadrettatura della veste della figura centrale.
Bisogna sottolineare che, durante lo smontaggio della figura femminile principale, sono stati riconosciutI come a essa non pertinenti i piedi e la parte inferiore della veste, cosicché la ricostruzione di tali parti va considerata esclusivamente indicativa, anche se alcuni elementi, all’interno della figura stessa, portano a ipotizzare un’altezza non dissimile da quella attualmente ricostruita. Allo stesso modo, il piede del vaso, che allo smontaggio si è rivelato falso, è stato ricostruito tenendo presente la struttura e la tipologia di un esemplare analogo.
Il cinerario ha un’altezza complessiva di cm 89, calcolata con le ricostruzioni del piede e della figura femminile centrale. L’impasto è generalmente rossiccio, con qualche area grigia in frattura, per imperfetto procedimento ossido-riduttivo in fase di cottura. La superficie è invece quasi omogeneamente rossiccia con un’ingubbiataura bruna lucida. Il vaso è stato lavorato dunque al tornio e levigato, mentre gli elementi plastici sono stati eseguiti a mano libera, con ritocchi a stecca, e presentano fori sfiatatoi per facilitare la cottura senza inconvenienti. La decorazione è dipinta, impressa a punzone e contiene inoltre laminette metalliche applicate.
[…]Indice:
Un esempio dell’Orientalizzante chiusino
L’intervento
– stato di conservazione prima degli interventi di restauro
– Fase di pulitura
– Ricomposizione del cinerario
– Integrazione delle lacune
– Tecniche di ripresa e di elaborazione d’immagine applicate all’analisi del Cinerario Paolozzi
– Analisi pertinenti all’impasto ceramico
Bibliografia
Note
Abstract
Di: Mario Iozzo, Giuseppe Venturini
Estratto da Kermes 46 (Aprile-Giugno 2002) – pagine 51-58 + abstract
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