“Tractatus per piano e video”
di Quirino Principe
(Il Sole 24 ore – 21 agosto 2016)
di Quirino Principe
(Il Sole 24 ore – 21 agosto 2016)
Dobbiamo frenare l’eccesso di vibrazioni in sintonia con questo libro. Rischiamo di personalizzare la nostra lettura, perché avvertiamo qui la presenza e la funzionalità di un illustre strumento di filosofia delle arti, che è sempre stato, con ricorrenza ossessiva, uno fra i centri della nostra riflessione. L’autore del libro è musicista illustre, Daniele Lombardi, ricercatore, musicologo ferrato e rivolto per indole alla modernità più che ai documenti paleografici che tuttavia egli decifra come pochi. Lo abbiamo conosciuto quarant’anni fa quando egli era molto giovane (è nato nel 1946): Lomardi stava restituendo alla cultura musicale d’Occidente le musiche, da tempo dimenticate o smarrite e da lui scavate, ritrovate, restaurate, rese eseguibili, dei compositori (italiani, certo, ma non soltanto) che furono la testimonianza in musica del Futurismo. Da allora il nostro interesse per il suo lavoro rimase vivo e attento. Abbiamo seguito la sua attività instancabile di pianista, complementare alle sue ricerche. Ma tutto ciò sarebbe meno della metà di ciò che egli rappresenta nella cultura musicale d’oggi, se non guardassimo alla sua attività di compositore. La sua direzione di principio, nel lavoro compositivo, è la sperimentazione che non rimane tale ma si traduce presto in visione teoretia e sistema. D’atra parte non soltanto sistematica teoresi. Lombardi sa essere trascinante con un gioco di sensazioni in cui egli non si risparmia. Proprio nel presentare la sua composizione di cui questo libro è la partitura perfetta e accurata graficamente (poiché il libro è un essenziale “tractatus” corredato da “esempi musicali” che in realtà sono l’intera composizione, una vera e propria edizione, ma può anche essere considerato all’inverso, una partitura preceduta da una nota editoriale), proprio nella suddetta nota di presentazione, si diceva, Lombardi dichara che la ridondanza di effetti sonori è “materia in eccesso”, un fattore di “bewegte Form” in un senso vicino alla famosa definizione di Hanslick.
L’illustre strumento di filosofia delle arti, preannunciato, è la comunicazione tra le arti, il loro incontro non soltanto come “sinestesia” (è importante e irrinunciabile, ma è una conseguenza), bensì soprattutto come riconoscimento di comuni archetipi e di forme simboliche che riuniscono, per esempio (e questa è una nostra costante ricerca), musica e pittura. Ma la convergenza archetipa e formale è, appunto, a priori. Siamo nel dominio della filosofia della musica, inevitabile, quando si pensi, alla maniera di Hegel o a quella di Alain, a un “sistema delle arti”. In questo libro-partitura di Lombardi, il rapporto è tra musica e scultura: un particolare, la scultura di Michelangelo. Ma il canale di comunicazione tra le due arti non sopporta le banalità di presunte similitudini (“ecco, qui l’orchestra imita il lancio delle frecce… qui in Franck par di vedere la cattedrale di Chartres…”): le analogie si concentrano in rari elementi formali, di solito in archetipica antitesi: alto-basso, ascesa-discesa, luce-buio, presenza-assenza, calma-tensione, compiuto-incompiuto. Infatti, al “non-finito” dei Prigioni michelangioleschi (“Schiavo che si ridesta”, “Schiavo barbuto”, “Schiavo detto Atlante”, “schiavo giovane”) si volge qui l’attenzione di Lombardi compositore, stimolato anche dall’effervescenza di un ostacolo teorico che invoca il superamento: “Il procedimento della scultura è opposto a quello del comporre con i suoni”.
L’illustre strumento di filosofia delle arti, preannunciato, è la comunicazione tra le arti, il loro incontro non soltanto come “sinestesia” (è importante e irrinunciabile, ma è una conseguenza), bensì soprattutto come riconoscimento di comuni archetipi e di forme simboliche che riuniscono, per esempio (e questa è una nostra costante ricerca), musica e pittura. Ma la convergenza archetipa e formale è, appunto, a priori. Siamo nel dominio della filosofia della musica, inevitabile, quando si pensi, alla maniera di Hegel o a quella di Alain, a un “sistema delle arti”. In questo libro-partitura di Lombardi, il rapporto è tra musica e scultura: un particolare, la scultura di Michelangelo. Ma il canale di comunicazione tra le due arti non sopporta le banalità di presunte similitudini (“ecco, qui l’orchestra imita il lancio delle frecce… qui in Franck par di vedere la cattedrale di Chartres…”): le analogie si concentrano in rari elementi formali, di solito in archetipica antitesi: alto-basso, ascesa-discesa, luce-buio, presenza-assenza, calma-tensione, compiuto-incompiuto. Infatti, al “non-finito” dei Prigioni michelangioleschi (“Schiavo che si ridesta”, “Schiavo barbuto”, “Schiavo detto Atlante”, “schiavo giovane”) si volge qui l’attenzione di Lombardi compositore, stimolato anche dall’effervescenza di un ostacolo teorico che invoca il superamento: “Il procedimento della scultura è opposto a quello del comporre con i suoni”.
Daniele Lombardi, Non finito per pianoforte e video ad libitum, Nardini, Firenze